sabato 17 aprile 2010

Un bambino alla volta


E’ nel contesto composito, multiforme e complesso di Bali che ha scelto inizialmente di lavorare Robin Lim, dopo avere vissuto in vari Paesi dei diversi continenti.
Esiste a Bali la consapevolezza di una frattura e di un conflitto profondo: quello fra modernità e tradizione, fra ricchezza spirituale e ricchezza materiale, fra l’idea di ‘sviluppo’ e l’idea di armonia.
Come altrove, a Bali avanza la modernizzazione (soprattutto nella sua versione americana e australiana) e i suoi valori; più che altrove, però, è presente a Bali una cultura locale e tradizionale che resiste ed offre proposte ‘forti’ nel campo dell’arte, della musica, del teatro, della danza, dei valori mitici e religiosi.

Nel campo specifico di cui Robin si occupa, quello dell’ostetricia e della salute delle donne e dei neonati, tutto ciò prende l’aspetto di un conflitto tra la ‘medicina scientifica’ importata dall’Occidente e la ‘medicina tradizionale’ , dove con questo secondo termine intendiamo non tanto e non solo i medicamenti naturali, quanto tutte quelle pratiche di salute e di assistenza reciproca, di trasmissione delle sapienze da madre in figlia che costituiscono la grande ricchezza di Bali e che rendono i balinesi il popolo forse più sorridente della Terra, ed i bambini felici e sprizzanti gioia come neanche possiamo più immaginare, nelle nostre città di oggi.
La medicina occidentale, per di più mal digerita, in questo contesto rappresenta una specie di avanguardia dei valori del capitalismo che entra nell’ esistenza delle persone, dettandone le regole e i valori : - il parto tecnologico, a proposito e a sproposito, invece di quello naturale e conviviale – una quantità di medicine potenti e costose, che pretendono di ‘uccidere’ la malattia più che rinforzare l’ organismo - ospedalizzazioni per i più futili motivi… ma in compenso molto costose.
Pratiche che portano a risultati disastrosi, anche in temini puramente quantitativi: una mortalità materna di 718 eventi su 100.000 nascite (la più alta percentuale in tutto il Sudest asiatico, nonostante che Bali sia una delle zone economicamente più ricche).
Il parto cesareo frequentissimo, la spinta verso l’allattamento artificiale, lo svuotamento del valore esistenziale del parto e della gravidanza e l’insinuazione nella donna della sfiducia nelle proprie forze e capacità… sono questi i corollari che ben conosce anche chi, in Occidente, opera con lo stesso atteggiamento con cui lavora Robin.
Una medicina privata , esercitata in luoghi privati, e a fini di profitto privato, che va sostituendosi a una medicina sociale che si esercita all’interno della collettività del villaggio, e che inizia dalla conoscenza delle pratiche del corpo, dei cibi, delle erbe e dei loro valori salutari e simbolici.
E’ qui, in una società che sta conoscendo questa fase di ‘sviluppo’, che Ibu Robin ha scelto di lavorare, senza peraltro dimenticare il suo bagaglio scientifico (è un’ostetrica diplomatasi negli Stati Uniti), ma anzi portandolo in tal modo al suo più alto e autentico livello.

Ecco una frase che Ibu Robin cita frequentemente:
‘‘Una rivoluzione potrà avvenire nella nostra visione della violenza quando comincerà ad aversi la consapevolezza che il processo della nascita è un periodo determinante per lo sviluppo della nostra capacità di amare’’.
E’ stata detta da Michel Odent, un medico che in Occidente è portatore di un messaggio analogo di convivialità e di maturità etica e sociale
“Io credo" dice Ibu Robin "che un inizio della vita dolce e sano sia il vero fondamento di una vita felice. La pace del mondo può venire costruita, cominciando oggi, un bambino alla volta”.

Maurizio Rosenberg Colorni

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